Con grande dolore dobbiamo rendere l’ultimo saluto a Renzo Ricci, “L’Allenatore”, che ci ha lasciato nelle scorse ore.
Per chi ha vissuto il Rugby a Perugia dopo il 2000 forse un illustre sconosciuto, per una generazione di ragazzi nati negli anni 60 o nei primi 70, il catalizzatore di un’epoca, quella degli anni 80, che lui riuscì a segnare come forse nessun altro.
La sua passione per un gioco che da giovane aveva praticato nella sua Viterbo portò ai primi successi delle giovanili biancorosse.
Dalla sua mano uscì un gruppo di ragazzi che conquistò per la prima volta l’accesso al Gruppo 1 dell’Under 19 (l’odierna Elite) e permise l’accostamento del Cus Perugia ai nomi del rugby italiano che contava, Sanson Rovigo, Benetton Treviso, Brescia, Parma, Viadana, con qualche bella soddisfazione anche in termini di risultati nel Campionato 84-85 che mise le basi per quello che poi il Club sarebbe diventato.
Fino alla promozione dalla C1 alla B dell’indimenticata stagione 87-88 quando il Rugby della prima Coppa del Mondo lentamente faceva uscire la palla ovale italiana dalle catacombe dell’anonimato.
E fu un contributo, il suo, ben al di sopra degli standard dell’allenatore classico.
Ricci una ne faceva e cento ne pensava, non tutte genialate per carità, ma parecchie decisamente sì. Impossibile allora non passare alla storia (pur quella modesta del nostro movimento) se sei uno che ha inventato, sul serio, non per modo di dire, roba che sarebbe stata sdoganata e riconosciuta solo dopo almeno una quindicina d’anni. Pochi in giro sanno che lui ebbe il coraggio di mettere la faccia su trovate che all’epoca facevano ridere e adesso sembrano modernità scontate.
La mischia a 10 uomini, che risolse un mucchio di campionati a venire, le maglie aderenti, i guantini da rugby, il video motivazionale in vhs e un’attenzione maniacale per il dettaglio che era l’esempio vivente di come la professionalità, anche bizzarra, poteva sposarsi, e con risultati eccellenti, con il volontariato amatoriale di chi nella vita faceva tutt’altro.
Disse a una cena di quegli anni in un garage di Ponte San Giovanni per la Giovanile, prendendo il microfono tra uno e l’altro dei suoi lazzi goliardici di cui era maestro per un intermezzino serio serio quanto breve: “Tutto quello che stiamo facendo noi grandi con voi ragazzi è lavorare affinché voi, un domani, abbiate dei ricordi”.
Non la retorica dell’Uomo vero del futuro e neanche dello sportivo esempio di vita.
Ricordi.
Grazie Renzo e sia lieve la terra anche per te.