Occhi di tigre

Oggi la struttura dell’allenamento era diversa dal solito.

Non avevano dovuto fare il solito giro di campo che dava il tempo agli allenatori di posizionare i conetti per l’esercizio, trovarono invece già tutto pronto in campo con i due allenatori che aspettavano il gruppo con le casacche in mano.

Man mano che i giocatori arrivavano, venivano divisi in due squadre.
Marco si ritrovò con Paolo e Filippo, mentre dall’altra parte c’erano Luisa, Michele e Davide.

Mary si posizionò al centro del campo, contò fino a tre e poi lanciò con le mani il pallone in alto verticalmente mentre urlava “Gioco!”.

Il pallone sembrava rimanere in alto sostenuto da una forza invisibile e scommettere su chi, tra i giocatori, lo avesse raccolto prima di toccare terra.
Poi, stanco di aspettare, cominciò a scendere rifacendo al contrario la strada fatta poco prima. Rimbalzò a terra e prese una di quelle sue direzioni senza senso finendo tra le braccia di un giocatore dei verdi che rimase fermo sul posto.

Nessuno fece altro.

Gianluca e Mary si guardarono negli occhi e richiamarono ognuno una delle due squadre. A quella di Marco era toccato Gianluca.

“Che cosa siamo venuti a fare qui oggi? Qualcuno lo sa?”
“A giocare” disse Filippo “a giocare a rugby” aggiunse come a voler aiutare la memoria forse in tilt dell’allenatore.
“Grazie Filippo, io e te lo sappiamo! Ma tutti gli altri mi sembrano in un altro pianeta! Terra chiama Dormons, Terra chiama Dormons … rispondete Dormons!”.

Una risata avvolse il gruppo.

“Eh No! Allora non siete voi che dovete rispondere, voi siete i Ridens, io cerco i Dormons”.

Una seconda risata entrò dentro il cerchio.

“Ora basta scherzare, si gioca. Siete venuti qui per giocare e per farlo con il massimo impegno. Adesso tornate in campo, vi schierate, e mi fate vedere come sapete giocare a rugby. Poi vediamo chi è Dormons e chi è Ridens”.

Marco aveva ascoltato il discorso di Gianluca ma all’orecchio gli erano arrivate le urla di Mary e il silenzio dell’altra squadra.

Le squadre si ritrovarono schierate l’una davanti all’altra, Marco notò che gli occhi di Michele erano come quelli di una tigre pronta a scattare sulla preda e non fece in tempo a controllare anche lo sguardo di Davide perché il pallone era stato di nuovo lanciato in aria al grido di “Gioco!”

Michele balzò in alto per afferrare il pallone e mentre stava ricadendo cercò e trovò il sostengo di Davide che gli era accorso vicino e, preso il pallone sicuro tra le braccia, iniziò a correre in avanti.

Un coltello caldo che taglia il burro senza alcuno sforzo, questo era diventato Davide che attraversò la linea difensiva senza trovare ostacoli.
Meta.

Palla al centro.
Marco si incaricò di far ripartire il gioco.

Calcio di drop verso l’altra squadra, Michele che raccoglie il pallone, avanza, avanza ancora e poi passa a Luisa che accelera la sua corsa, evita un giocatore e deposita il pallone in area di meta.
Meta.

Marco si gira verso Paolo e poi verso Filippo, allarga le braccia e poi stringe i pugni. “Allora?!?”

Questa volta è Paolo che si preoccupa di effettuare il calcio di rinvio del gioco, pallone forte rasoterra a sbattere sulle gambe dei giocatori schierati in difesa, pallone che ritorna verso Paolo ma è più svelto di lui Filippo che raccoglie l’ovale e si insinua dentro la difesa.

Marco e Paolo corrono in avanti per dare sostegno al compagno che viene messo a terra e che immediatamente si allunga sdraiato per presentare il pallone alla sua squadra allontanandolo dai difensori.
Marco capisce le intenzioni di Filippo e richiama la sua attenzione con un secco “Si”, il pallone si stacca dalle mani del giocatore a terra e raggiunge in un attimo quelle di Marco che entra dentro il muro della difesa in una piccola frattura che si era creata tra due giocatori.
Accelera ancora, sente di essere passato ma proprio mentre respira il vento della libertà, il suo piede destro viene arpionato da una mano che non lo molla finché Marco non perde l’equilibrio e cade.

Mentre cade, Marco sente il suo nome pronunciato da Luca e d’istinto ricerca il suo viso e le sue mani pronte a ricevere.
Passa l’ovale.
Luca corre veloce, sfiora il corpo di Marco con le scarpe e prosegue in avanti. Si tuffa e schiaccia in meta.
Meta.

La partita adesso è più combattuta, le due formazioni difendono placcando e i portatori del pallone dimostrano di avere voglia da vendere avanzando ogni volta.
Le mete si susseguono e si alternano tra fatte e subite.

Ogni tanto qualche passaggio sbagliato, alcuni fuorigioco nelle rack vengono fischiati da Mary che funge da arbitro.

Al triplice fischio finale i volti dei giocatori esprimono solo stanchezza.

Gianluca porta loro le borracce mentre Mary li fa mettere seduti in cerchio.
“Grazie ragazzi e ragazze, bella partita.” afferma Gianluca

“Avevate iniziato male, proseguito malissimo ma poi siete migliorati. Questo è quello che io e Mary vogliamo quest’anno: migliorare!
Ma non abbiamo il tempo di aspettare che voi siate concordi con noi.
A chi era nel mio gruppo dico che i Dormons e i Ridens li possiamo lasciare dentro lo spogliatoio subito dopo che ci siamo allacciati le scarpe”.

“Quest’anno vogliamo migliorare senza fermarci mai” aggiunse Mary “con la continuità che è una delle caratteristiche del nostro gioco, con la voglia di lottare e non darsi per vinti.
Con gli occhi della tigre, sempre. Chi era con me, sa cosa intendo”.

Marco ascoltò con attenzione e ripercorse le proprie azioni alla ricerca di quanto desiderato dagli allenatori.
Lo ritrovava a sprazzi e ogni volta ci si cullava la coscienza.

“Marco!” disse Gianluca, “Sei Dormons o Ridens?”
Marco non sapeva cosa rispondere e gli venne solo da dire “Tigre”.