Il nome

Lo spogliatoio si riempì di giocatori sempre più velocemente con tanti volti conosciuti e altri totalmente nuovi.

Una volta allacciate le scarpe da gioco Marco si avviò verso il campo e al primo contatto con l’erba provò la stessa sensazione di sempre, tanta voglia di correre.
La gara a chi arrivava prima sotto i pali si organizzò con un cenno tra lui e Paolo mentre stavano già correndo. Come al solito il gioco nel gioco  fu quella di spingere l’altro addosso al palo e Marco vinse su Paolo che all’ultimo minuto amplificò l’impatto abbracciando la protezione in gommapiuma posta alla base del palo.

I giocatori si stavano già raggruppando a centrocampo quando l’arrivo degli educatori con la sacca dei palloni lo rese di forma più geometrica e radunò anche quelli che si stavano rotolando o rincorrendo come cuccioli al parco.

Al richiamo “Under 10 qui!” il gruppo si completò.
Lo sguardo di Marco e quello di Davide, Paolo e Filippo era fisso verso un’educatrice femminile al fianco di Gianluca, il loro educatore dello scorso anno.

Fu lo stesso Gianluca a prendere la parola e dopo il saluto ai vecchi under 10 e il benarrivato a quelli che stavano in under 8, passò a elencare le novità della nuova stagione sportiva.

Passò quindi la palla all’educatrice dai capelli neri raccolti dentro il cappellino con lo stemma dei London Irish che iniziò a presentarsi da sola.

“Ciao mi chiamo Mary e sono di Londra, ho giocato sino allo scorso anno con la squadra femminile del mio club, i London Irish, e mi sono trasferita da poco qui in Italia assieme alla mia famiglia. Spero di potervi aiutare e trasmettere il mio amore per il rugby e per le cose ben fatte.”

“Mary – aggiunse Gianluca- si è dimenticata di dire che è stata nazionale inglese di rugby seven e che ne era anche il capitano”
Marco e gli altri si guardarono con gli occhi sgranati per poi continuare con l’analisi delle caratteristiche fisiche di Mary come a ricercare nella sua struttura il ruolo di gioco.

Non ci fu il tempo di farlo perché Mary iniziò subito a spiegare un gioco mentre Gianluca stava già disponendo i conetti a formare un grande rettangolo.

Scopo del gioco era quello di correre all’interno dello spazio evitando gli altri ma stando attenti a ricevere il pallone che fu consegnato in principio a Michele il quale, nel momento del passaggio, avrebbe dovuto pronunciare il suo nome prima di affidarlo alle mani di un altro giocatore. Il gioco proseguiva allo stesso modo facendo attenzione a passare il pallone a chi non lo aveva ancora ricevuto.

Marco fu il primo a ricevere il pallone da Michele e cominciò a correre fino a quando vide venire verso di lui Paolo al quale passò il pallone senza dire il proprio nome. Un fischio interruppe il gioco e Mary disse “Ricordati di dire il tuo nome Marco prima di passare la palla”. Un secondo fischio fece riprendere il gioco.

Ora tutti correvano come api impazzite e i nomi si susseguivano con buona frequenza con qualche pallone che cadeva a terra o in faccia al malcapitato di turno. Fu un certo Nicola a passare il pallone di nuovo a Marco che, strettolo tra le mani davanti a sé, iniziò a schivare i giocatori godendosi il momento da protagonista che il pallone regala ogni volta.

Ma poi incrociò due grandi occhi verdi e la finta non uscì dalle scarpe come neppure il suo nome nel momento del passaggio verso la ragazzina che aveva proteso le sue braccia per ricevere il pallone. Fu come un fulmine che portò via l’ovale nella direzione opposta procedendo rapidamente a zig zag tra la selva di giocatori.

Poco dopo un duplice fischio arrestò il gioco, dando modo a molti di rifiatare mentre Gianluca spiegava l’evoluzione del gioco.

“Adesso continueremo con lo stesso tipo di gioco ma introdurremo più palloni e questa volta chi passerà il pallone dovrà dire il nome del ricevitore”

Al fischio il gioco riprese e Davide passò a Paolo dicendone correttamente il nome il quale gli ripassò il pallone pronunciando e sorridendo il nome di Davide il quale di nuovo lo ripassò a Paolo. Tutti si misero a ridere mentre Davide e Paolo continuavano a passarsi il pallone e a dirsi reciprocamente il nome.

Il fischietto di Mary suonò ancora, tutti si fermarono e smisero di ridere.
Mary passò il pallone a Gianluca pronunciandone il nome, Gianluca fece lo stesso ripassando il pallone a Mary e così di seguito fino a quando Mary trattenne il pallone tra le sue mani e disse: “Ti chiami Gianluca vero?”
Tutti risero.

“Cerchiamo di passare il pallone anche a chi non conosciamo, anzi soprattutto a loro e sforziamoci di ascoltare chi magari si ricorda i nomi così quando toccherà a noi non sbaglieremo” Fischio e via, il gioco riprese.

Marco stava ancora sorridendo della scenetta improvvisata da Davide e Paolo quando alla sua sinistra sentì pronunciare il nome “Luisa”, ma questo lo conosceva già.