Campo scuola

Il campo di rugby era attaccato all’area dove erano stati portati dalle maestre!
I compagni di squadra si guardarono tra di loro senza proferire parola.
Se avessero avuto un pallone si sarebbero sicuramente dimenticati di essere lì con la scuola.

“Ragazziiiii” disse la maestra Sara richiamandoli con un ampio cenno delle braccia. Tutti gli alunni si radunarono vicino alle maestre con i loro fogli e blocchi degli appunti.
“Prima di spiegarvi come questo luogo diventerà la vostra aula, dobbiamo attendere che arrivi anche un altro gruppo di studenti … Eccoli!”

Un altro pulmino giallo si fermò a fianco del loro e, prima ancora che gli occupanti iniziarono a scendere, Marco aveva riconosciuto Davide e Paolo che lo salutavano da dietro il finestrino facendo linguacce e boccacce.

La maestra Sara iniziò a spiegare che mentre loro stavano esplorando il terreno e creato delle mappe della zona, l’altra classe era andata all’orto botanico per fare una ricerca su alcune piante.

Il desiderio di comunicare la scoperta era superiore ad ogni regola di comportamento e Marco iniziò a gridare i nomi di Davide e Paolo oltre a richiamarli con ampi gesti. La maestra si girò verso di lui ma era troppo distante e nel frattempo i compagni di squadra si erano già riuniti.

Al momento della merenda, mentre gli altri erano seduti a mangiare i cinque tornarono alla staccionata che li separava dal campo di gioco.
Appoggiati ai pali orizzontali rimasero in silenzio ad ammirare il campo verde con le H che si innalzavano verso il cielo.

Fu Marco a prendere per primo la parola.
“Ci hanno sempre detto che il rugby è una scuola di vita ma io questa cosa non l’ho ancora capita. Forse il fatto che la scuola ci ha portato così vicino al campo avrà un significato”
“A me sembra strano” – disse Michele – “essere qui senza poter giocare”
“Nella mia scuola il campo di gioco era dentro!” aggiunse Luisa.

Davide e Paolo si misero subito a narrare di lavagne appese tra i pali,  banchi al posto delle tribune e di alunni che si passavano decine di palloni mentre una maestra vestita da arbitro raccoglieva le margherite.

L’immaginazione dei due amici coinvolse anche gli altri e la breve storia si concluse con gli irrigatori a spruzzo come campanella di fine giornata.

Mentre ritornavano verso il bus Michele si appoggiò ad un albero e sospirò gonfiando il petto.

Poi riprese il suo cammino, orgoglioso dei suoi pensieri.