La partita

Zaino, scarpette e paradenti. Andiamo!|
L’appuntamento al campo di gioco era per le otto e Riccardo fu puntuale come aveva chiesto Marco.
La giornata era bellissima, una di quelle di fine agosto anche se eravamo a fine settembre. Il club che aveva organizzato il torneo ci aveva azzeccato nel denominarlo Estarugby.

Mary e Gianluca si erano posizionati vicino all’ingresso del campo per poter intercettare tutti i giocatori e quando li ebbero contati tutti, li portarono su un prato erboso a lato del campo di gioco. Marco sistemò lo zaino, mise il paradenti nella piega del calzettone e attese di conoscere le formazioni.

Nel cerchio gli educatori erano affiancati con il borsone delle maglie davanti a loro, una lista gara per ognuno e il volto dell’ufficialità. Era un momento importante, non un semplice appello, si decidevano le sorti del mondo in quel momento.

C’erano due sole possibilità: una squadra con più esperienza oppure due squadre equilibrate. Marco aveva capito da tempo che la decisione spettava agli educatori ma non sempre riusciva ad accettarla, specialmente quando Michele stava nell’altra squadra.
Con Michele c’era una intesa particolare mentre giocavano e anche in classe non scherzavano come affiatamento.

Iniziò Mary a parlare. “Nella squadra che seguirò io il capitano sarà Marco”
Marco attraversò il cerchio e prese la maglia dopo aver stretto la mano a Mary.
Si mise al suo fianco e attese che il nome dei giocatori che avrebbero giocato con lui fosse pronunciato per consegnargli la maglia. Era il primo compito del capitano.

Nel rugby, prima dell’inizio della partita la squadra viene affidata al capitano e gli allenatori si fanno da parte. Sono i giocatori che devono mettere in pratica quanto preparato in allenamento e a poco servono consigli urlati da bordo campo, la responsabilità è del capitano e di chi sta in campo.

Gianluca scelse Luisa come capitano e Michele faceva parte di quella squadra.

“Abbiamo cercato di fare due squadre equilibrate ma vorremmo che ognuno di voi si ricordasse di cosa abbiamo deciso di portare in questo torneo per fare la differenza. Sta a voi rompere l’equilibrio e che vinca il migliore!” Mary e Gianluca si diressero verso i campi di gioco che gli erano stati assegnati seguiti dai giocatori in fila indiana dietro il proprio capitano.

Pronti per entrare in campo, le due formazioni che si dovevano affrontare nella prima partita attendevano che l’educatore/arbitro gli facesse un cenno. Gli altri avevano una maglia gialla che quasi accecava.
In campo!

Schierate a centro campo su due lati opposti con i capitani pronti al saluto iniziale, la partita stava per iniziare.

Sin dal minirugby le squadre che si affrontano in partita eseguono dei saluti che sono incitamento a dare il meglio. Ogni squadra fa il tifo per l’altra al saluto iniziale così a fine gara non potranno esserci recriminazioni perché il rispetto e il sostegno sono stati i primi a scendere in campo e gli ultimi ad uscire. Al termine dell’incontro tutti i giocatori si ritrovano a centro campo per un urlo comune di ringraziamento al gioco del rugby.

Il pallone era nelle mani di Filippo che lo aveva preso al volo sul calcio d’inizio dell’altra squadra. Iniziò a correre in avanti ma un avversario gli si fece incontro e lo mise a terra.
Filippo mise il pallone a disposizione mentre Paolo e Luca entrarono in ruck per difendere il pallone e mantenerne il possesso. Nicola prese il pallone e lo passò a Marco.

Era un passaggio un po’ arretrato che non diede modo a Marco di prendere il pallone in velocità. La rapidità di gambe nello stretto gli consentirono di evitare il giocatore pronto al placcaggio e andare oltre la linea della difesa. Ma il loro estremo era già lì a chiudere il varco e con un placcaggio duro ma corretto fece andare a terra Marco.

Di nuovo Paolo in ruck ma questa volta la squadra avversaria iniziò una contro-ruck spingendo indietro Paolo che non riusciva a contenerli. Dalla sua posizione privilegiata, steso a terra proprio al centro della ruck, Marco sentiva il compagno lottare e vedeva i suoi piedi arretrare, il possesso del pallone stava per cambiare. Le scarpe arancioni di Luca arrivarono di corsa e iniziarono a piantarsi sul terreno ma la spinta degli altri era troppo forte. Marco sentì due mani afferrare velocemente il pallone e mentre si stava rialzando fece appena in tempo a vedere l’ala avversaria correre verso la meta.

“Sono forti” pensò Marco. “Dai ragazzi, forza! Facciamo di più!”

La partita riprese con il pallone nella metà campo dei gialli, la linea difensiva salì bene e il loro portatore incontrò quasi subito Nicola che gli strappò il pallone dalle mani. Subito due giocatori gialli gli furono addosso ma Nicola aveva già messo al sicuro il pallone abbassando la spalla e iniziando a spingere con le gambe. L’arbitro gridò “maul” mentre Filippo si legava a Nicola aiutandolo ad avanzare. Anche i gialli fecero lo stesso portando altri giocatori creando un grappolo di maglie che fermò l’avanzamento.
Il pallone non si vedeva e tra pochi secondi l’arbitro avrebbe iniziato a contare.
Tre … due …. uno … turnover!

La partita non si metteva bene. Il tempo passava e il possesso del pallone era della squadra in vantaggio di una meta.

Gianluca fece un cambio dall’altra parte del campo. Era entrato Davide.

La punizione battuta dai gialli fu un pasticcio dovuto alla fretta. Il primo giocatore sullo spazio era pronto a ricevere il passaggio quando un altro giocatore si mise in mezzo non riuscendo a prendere il pallone che cadde in avanti.

Marco prese lesto il pallone, si mise sul punto indicato dall’arbitro e, dopo aver abilitato il pallone, fece partire un calcio passaggio verso la parte del campo occupata da Davide che aveva capito le intenzioni del suo capitano iniziando a correre. Il pallone rimbalzò a terrà e sembrò proseguire la sua corsa verso la linea di touche quando le mani di Davide lo presero e dopo pochi passi lo depositarono dolcemente a terra. Meta e pareggio!

La meta subita sembrava aver intaccato la fiducia nei gialli che si riposizionarono a centro campo un po’ demoralizzati. Dalla parte della squadra capitanata da Marco invece la fiducia nei propri mezzi era al massimo.

Fu subito vera battaglia con i gialli che spingevano con forza nelle ruck e con Filippo, Davide e Paolo che muovevano velocemente il pallone al largo per aggirare la difesa gialla. Il tempo scorreva inesorabile. Ad un certo punto Marco riuscì a prendere un pallone in velocità, si incuneò nella difesa avversaria e mentre veniva placcato, ruotò sul busto in direzione dell’accorrente Luca.
Un passaggio appena accennato con il pallone che sembrò fluttuare in aria, Luca che arriva in velocità, una piroetta ad eludere il placcaggio dell’estremo.
Luca correva verso la meta, Marco lo seguiva mentre da sinistra l’estremo in maglia gialla stava recuperando velocemente.

Il tuffo dell’ultimo difensore era diretto verso Luca che a sua volta si tuffò verso la meta. Le braccia dell’estremo presero le gambe dell’attaccante che aveva disteso le proprie verso la linea bianca. Pallone schiacciato a terra.

L’arbitro fischiò alzando il braccio.
Meta!

Al cerchio finale Marco guardò negli occhi tutti i suoi compagni di squadra prima di urlare “Per il rugby! Hurrà Hurrà Hurrà!”.

Era stata una bella partita. Ma il torneo era solamente cominciato.