A bocca aperta

All’interno del bus giallo trovarono posto tutti i compagni di classe e la curiosità fatta di domande e supposizioni aumentò vedendo già sedute e sorridenti le maestre delle altre materie.

Marco e Michele ascoltavano le ipotesi più strampalate mentre guardavano le finestre chiuse della loro classe e si domandavano se e come ci avrebbero fatto ritorno.
Filippo si era seduto a fianco di Luisa e iniziò a chiederle se sapeva qualcosa di questa faccenda ma l’ovvia risposta di lei “Sono nuova, non ti ricordi?” lo fece riflettere sull’evidenza o almeno la sua espressione sembrava esprimere un grande sforzo mentale.

L’autista ingranò la marcia e con un piccolo sobbalzo in avanti partirono.
La maestra Sara si era seduta a fianco di quella di scienze e stavano guardando il cellulare sorridendo.

Non c’erano altri indizi per comprendere la svolta che avrebbe preso la giornata.

Intanto il bus aveva preso la quattro corsie e le maestre avevano cominciato a canticchiare la canzone che era stata presentata alla recita di fine anno. Le bambine della classe, tranne Luisa, si impegnarono a superare in decibel il rumore del motore e qualche maschietto teneva il ritmo battendo sull’appoggiatesta davanti a sé divertendo il malcapitato che rimbalzava come un metronomo.

Anche Marco si fece prendere dall’euforia e decise di utilizzare le gambe di Michele come batteria che fece lo stesso con quelle di Marco creando un intreccio di braccia e fuori tempo che nella confusione generale non crearono imbarazzo musicale.

Intanto l’autista aveva condotto il mezzo in una strada secondaria e poco dopo si arrestò davanti ad un cancello in legno.
La maestra Sara fece scendere i ragazzi e, radunatili, esclamò fiera e gioiosa “Benvenuti nella vostra nuova classe!”

Non aspettò nemmeno di ascoltare le rimostranze e, aperto il cancello, entrò dentro un’area recintata a malapena, con alberi, rovi e piante non curate. Alcuni degli alunni, quelli che riesci a spaventare con un “buh!” da dietro la porta, erano molto titubanti e Marco notò che tra le ultime file qualche lacrimuccia era pronta a scivolare sulle guance.

Fu la maestra di scienze a prendere la parola rimproverando con un sorriso la maestra Sara dicendogli che il posto gli ricordava la fiaba di Hänsel e Gretel. A questo accenno anche Marco si guardò intorno e timoroso controllò cosa stesse facendo l’autista che forse era parte della storia.
Se ne stava tranquillo a leggere il giornale. Non era nella storia.

I ragazzi furono invitati a sedersi e a prendere il loro quaderno.
“Vorremmo che a gruppi disegnaste sui vostri quaderni una mappa di questa zona, come se la vedeste da un elicottero. Segnate i confini, il tipo di piante e tutto quello che ritenete utile per una mappa dettagliata.”

Le maestre si inserirono nei vari gruppi e stimolarono i ragazzi a raccogliere informazioni.

Il gruppo di Marco era formato, manco a dirlo, tutto da compagni di rugby, inclusa Luisa, e si addentrarono nel piccolo boschetto con Michele che segnava sul foglio con una X gli alberi mentre Filippo gli diceva il numero di passi tra l’uno e l’altro. Ben presto Michele cadde in confusione e fu Luisa a dare alcune dritte per riprendere a disegnare correttamente l’area.

“Ci sono nove alberi schierati in difesa e dal centro, opposti a loro, ce ne sono tre a destra profondi per l’ampiezza, due piatti stretti a sinistra e tre a coprire la profondità”
Michele alzò la testa, guardò un attimo l’area e segnò sul foglio le crocette.
“Così?”
“Esattamente” rispose Luisa.
La maestra, che aveva ascoltato le indicazioni di Luisa, rimase a bocca aperta non comprendendo il linguaggio utilizzato dal gruppetto.

Poco dopo i quattro si erano spostati verso la recinzione opposta al cancello e, scostate alcune fronde, rimasero anche loro a bocca aperta.